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I Bufali Rossi approdano sul portale di Abili allo Sport

logo Abili allo sportCon questa intervista Maria Teresa Gaggiotti, Presidente di Sostegno Ovale presenta il progetto Bufali Rossi Team  sul portale di Abili allo sport.

“Il rugby è terapeutico, già nei suoi fondamentali”

Maria Teresa Gaggiotti, presidente dell’associazione Sostegno Ovale Onlus, presenta la squadra di rugby Bufali Rossi, formata da atleti con problemi psicologici o psichiatrici: “Questo sport offre un posto a tutti i caratteri e a tutti i tipi fisici per la molteplicità dei ruoli, quindi aiuta a pensare alla diversità come una ricchezza e non come un limite”.

Presidente Gaggiotti, come nasce Sostegno Ovale?
“La nostra associazione nasce da una costola della Società Rugby Colorno con lo scopo di ampliare e diffondere il gioco del rugby come strumento di integrazione sociale e psicologica”.

Quali attività proponete?
“Proponiamo il gioco del rugby a chi, per ragioni di tipo psicologico e psichiatrico, è uscito dai normali canali sportivi o non ha mai potuto entrarci, perché possa godere dei benefici di un gioco di squadra che noi crediamo sia terapeutico già nei suoi fondamentali”.

Quali sono le problematiche maggiori per la vostra attività?
“La problematica maggiore credo che sia quella di motivare ed accompagnare, nelle primissime fasi di allenamento, ragazzi che sono spesso soli e ritirati e che non hanno autonomia di spostamento. Dopo il primo impatto, le resistenze che riguardano falsi pregiudizi rispetto all’aggressività (intesa come violenza) del gioco del rugby vengono normalmente abbandonate e lasciano il posto ad un entusiasmo che viene spesso verbalizzato”.

Perché avete deciso di investire sullo sport a favore dei disabili?
“Nel rugby, l’ho capito anch’io che sono solo mamma di rugbisti (e psicologa psicoterapeuta, ndr), si parla e si impara a considerare alcune parole chiave che sono anche i fondamentali del gioco stesso: “sostenere”, “avanzare”, “placcare”. Il bravo giocatore di rugby gioca per gli altri, passa la palla al momento giusto fidandosi del compagno, si “sacrifica” buttandosi a sostenere l’altro che difende la palla, detesta i falli perché mettono in pericolo i giocatori e la partita e si congratula con gli avversari quando hanno avuto ragione di vincere. Il rugby offre un posto a tutti i caratteri e a tutti i tipi fisici per la molteplicità dei ruoli, quindi aiuta a pensare alla diversità come una ricchezza e non come un limite. Insomma credo che tale complessità sia un ingrediente speciale da spendere per ragazzi speciali”.

Com’è il rapporto tra atleti disabili e atleti abili”?
“Il rapporto tra allenatori che sono anche atleti ‘abili’ e ragazzi della nostra nascente squadra Bufali Rossi è già consolidato e, direi, felice. Gli allenatori sono colpiti dalle storie personali che i ragazzi raccontano: si sorprendono e si commuovono. Il nostro obiettivo, che credo sarà raggiunto molto presto con il primo torneo dedicato alla nostra associazione, è ‘mescolare’ atleti delle squadre seniores del Rugby Colorno con i ragazzi dei Bufali Rossi per le partite, nonché coinvolgere la nostra squadra speciale nei vari momenti conviviali o sportivi (che a Colorno sono tanti!) per fare del famoso terzo tempo la ciliegina sulla torta della risocializzazione”.

Quali strumenti utilizzate per convincere le famiglie a superare eventuali paure per i propri figli?
“Per ora non abbiamo avuto questi problemi. Abbiamo intenzione di incontrare i famigliari per coinvolgerli nella passione del gioco del rugby che, vi posso dire per esperienza diretta, aiuta anche le famiglie ad integrarsi ed ad uscire dalla solitudine che spesso grava chi ha un figlio con problemi”.

Quali sono i miglioramenti, fisici e non, che riscontrate negli atleti grazie allo sport?
“Conoscendo gli effetti ‘terapeutici’ del gioco del rugby come attività di gruppo direi che dall’iniziale risveglio muscolare, che è il normale effetto di un’attività sportiva ben strutturata, si passa ad una maggiore consapevolezza del proprio corpo che si può notare con un aumento dell’autonomia nella cura di sé. Pensiamo ad esempio allo spogliatoio come luogo di condivisione anche della cura del proprio corpo. Dal punto di vista psicologico, è essenzialmente l’utilizzo dell’aggressività, intesa come energia vitale, che fa sì che il ragazzo possa cominciare a superare i propri limiti, anche e soprattutto nella relazione con l’altro, sia compagno di squadra sia avversario. Il contatto fisico per esempio, che pensiamo sia un’azione banale essendo strutturato e contenuto da precise regole, diviene un tramite emotivo intenso ed offre la possibilità di entrare in un rapporto con l’altro che rompe le barriere della solitudine difensiva”.